Falsa testimonianza - Avvocato Roma

Falsa Testimonianza - Avvocato a Roma

ART. 372 DEL CODICE PENALE

Gli Avvocati penalisti dello Studio operano a Roma e su tutto il territorio nazionale, a tutela di coloro che vengano accusati di falsa testimonianza, calunnia e reati contro l’amministrazione della giustizia, mettendo a disposizione una serie di servizi legali utili all’assistito per la propria tutela personale, che vengono riportati sinteticamente di seguito:

– consulenza e assistenza tecnica in sede di indagini preliminari;

– investigazioni difensive;

– redazione di ricorsi avverso provvedimenti cautelari personali e reali;

– assistenza per tutta la durata del processo;

– redazione di atti di Appello e di ricorsi per Cassazione.

Cos’è la falsa testimonianza? Chi può commetterla?

La falsa testimonianza è quel reato commesso dal testimone in un processo e consistente nel dichiarare il falso, negare il vero oppure tacere il vero (c.d. reticenza) in un’aula di Tribunale dinanzi al Giudice rispetto a quanto realmente a sua conoscenza sui fatti in ordine ai quali è interrogato; a tal proposito, va specificato che la falsità nelle dichiarazioni va accertata non in relazione alla verità oggettiva (es. Tizio ha rubato la macchina), ma in relazione alle conoscenze personali e dirette del testimone  (ciò che egli ha avuto modo di percepire in concreto con i propri sensi, ossia se questi ha visto Tizio nell’atto di rubare la macchina).

Il reato in esame, si badi, non può essere commesso da chiunque, bensì solo da chi assuma l’ufficio di testimone in un processo (anche civile) e in tale veste sia chiamato a deporre dinanzi all’Autorità giudiziaria; da ciò deriva che, in mancanza di tale qualifica, non può sussistere la falsa testimonianza.

Colui che depone da testimone, ovviamente, può cadere in errore, così come può non ricordare i fatti sui quali è chiamato a riferire. Chi non ricorda non è tenuto a rispondere e chi non risponde non può essere responsabile per falsa testimonianza, a patto che si tratta di un effettivo e credibile vuoto di memoria.

Mettiamo il caso, ad esempio, che in sede di indagini preliminari il dichiarante abbia fornito una determinata versione e che, a distanza di poche settimane, dichiari di non ricordare più gli stessi fatti: in tal caso, sarà palese che questi sta mentendo, ponendo in essere volontariamente condotte reticenti e, come tali, integranti il reato di falsa testimonianza. Al contrario, il testimone che abbia assistito ad un fatto cinque anni prima e affermi di non ricordare non commetterà falsa testimonianza per reticenza, posto che è verosimile che a distanza di tanto tempo il dichiarante non sia più in grado di descrivere ciò che ha visto o sentito.

Attenzione, però, perché, come recentemente ricordato dalla Corte di cassazione, non può essere pronunciata condanna per falsa testimonianza esclusivamente sulla base del contrasto tra le dichiarazioni rese in dibattimento e quelle rese nel corso delle indagini preliminari; tale contrasto può assumere rilevanza ai fini dell’accertamento del reato solo ove siano emersi altri elementi di prova atti a riscontrare la veridicità delle originarie dichiarazioni e la falsità di quelle successivamente rilasciate (Cass. Pen., Sez. VI, 22/02/2022, n. 11240).

Ancora, essendo la falsa testimonianza un reato di pericolo, si richiede che la falsa deposizione riguardi fatti pertinenti alla materia del contendere e rilevanti ai fini della decisione finale, a nulla rilevando la non decisività delle dichiarazioni mendaci. Parte della Giurisprudenza di Cassazione, però, ritiene che affinché venga integrata la falsa testimonianza è altresì necessario che la falsità sia idonea a influenzare, fuorviandola, la decisione finale del giudice, ossia che abbia un’attitudine ingannatoria tale da convincere colui che le ascolta (nella specie, il giudice).

In tema di valutazione della deposizione testimoniale, peraltro, si fa presente che il codice di procedura penale separa nettamente la valutazione della testimonianza ai fini della decisione del processo in cui è stata resa e la persecuzione penale del testimone che abbia eventualmente deposto il falso, attribuendo al giudice il solo compito di informare il Pubblico Ministero della notizia di reato quando ne ravvisi gli estremi in sede di valutazione complessiva del materiale probatorio raccolto. L’esame del teste, in altre parole, deve essere concluso e non può interrompersi per la ritenuta falsità delle sue dichiarazioni; l’interruzione definitiva dell’esame da parte del giudice viola il diritto alla prova dell’imputato (Cass. Pen., Sez. III, 30/11/2018, n. 9278).

Infine, nel caso in cui venga sentita come testimone una persona incompatibile con tale ufficio (ad esempio, il coimputato nel medesimo reato che non sia stato ancora giudicato con sentenza definitiva oppure il responsabile civile o il civilmente obbligato ecc…) o che abbia facoltà di astenersi dal deporre ( ad esempio, i prossimi congiunti dell’imputato), ma non ne sia stata avvertita, questa non può essere incriminata per falsa testimonianza, a nulla rilevando le finalità o i motivi che l’hanno spinta a dichiarare il falso (Cass. Pen., SS. UU., n. 238384/2008).

La ritrattazione come causa di esclusione della punibilità

La ritrattazione altro non è che un ravvedimento operoso consistente nello smentire in maniera inequivoca il fatto oggetto della falsa dichiarazione e, contestualmente, esporre il fatto realmente accaduto, annullando in tal modo gli effetti nocivi della precedente falsa rappresentazione. Ai sensi dell’art. 376 c.p., se ciò avviene entro e non oltre la chiusura del dibattimento (prima che la sentenza divenga irrevocabile, se si tratta di processo civile), il testimone va esente da responsabilità penale, in quanto viene eliminato del tutto quel pericolo di sviamento della decisione del giudice alla cui salvaguardia è preposto il reato di falsa testimonianza.

Si badi, la ritrattazione deve essere frutto di un ravvedimento volontario e non di un qualche tipo di costringimento imposto dall’esterno. Ad ogni modo, non si richiede che questa debba essere anche spontanea, potendo tranquillamente essere determinata dal mero interesse del soggetto dichiarante ad evitare le conseguenze sanzionatorie della falsa testimonianza.

Utile su punto riportare le recenti indicazioni della Corte di Cassazione relativamente alle caratteristiche della ritrattazione: è esclusa la punibilità del delitto di falsa testimonianza quando la ritrattazione consista in una smentita non equivoca del fatto falso o reticente oggetto della deposizione e nella manifestazione del vero, postulando una fedele esposizione degli avvenimenti che hanno formato oggetto della testimonianza tale da ripristinare in pieno la verità. Pertanto, non può integrare la ritrattazione una dichiarazione che, pur volta a minimizzare le conseguenze processuali della testimonianza, sostanzialmente confermi il precedente racconto, o la mera insinuazione del dubbio sulla veridicità della prima deposizione che, tuttavia, non escluda la circostanza prima asserita con sicurezza. Analogamente, non costituisce ritrattazione una ammissione solo parziale dei fatti veri o la sostituzione della versione falsa con la generica affermazione di non ricordare bene a causa del tempo trascorso (Cass. Pen., Sez. VI, n. 38529/2018).

Da ultimo, deve rilevarsi la natura soggettiva e personale della causa di non punibilità in esame: di conseguenza, è escluso che la ritrattazione possa operare anche nei confronti dell’istigatore, salvo che la ritrattazione sia il risultato del comportamento attivo dell’istigatore medesimo, diretto a sollecitarla per neutralizzare gli effetti del falso lesivi dell’interesse al regolare svolgimento del processo (Cass. Pen., SS.UU., n. 222346/2002).

Altri casi di non punibilità previsti dall’art. 384 c.p.

L’art. 384 c.p. esclude la colpevolezza per alcuni reati (tra questi, l’autocalunnia, la falsa testimonianza, il favoreggiamento personale ecc…) nel caso in cui l’autore del fatto abbia agito perché costretto dalla necessità di salvare sé medesimo o un prossimo congiunto da un grave e inevitabile nocumento nella libertà o nell’onore.

A fondamento di questa previsione normativa vi è l’esigenza di salvaguardare, da un lato, l’istinto di conservazione della propria libertà e del proprio onore nel caso in cui ci sia il rischio di accusare se stesso con le proprie dichiarazioni, dall’altro, la forza incoercibile dei sentimenti familiari e la spinta naturale a tutelare i prossimi congiunti; motivo per cui, nei casi indicati dall’art. 384 c.p. non si può esigere dal soggetto agente (il testimone, nel caso ad esempio della falsa testimonianza) quello che sarebbe il comportamento doveroso, ossia riferire i fatti secondo verità, e per l’effetto non si può ritenere integrato il reato di falsa testimonianza.

Per fare un esempio di applicazione della scusante in esame, si pensi al caso di Caia, moglie di Tizio, la quale nel deporre come testimone (previo avviso da parte del giudice della facoltà di potersi astenere dal deporre visto il legame di coniugio) sulle circostanze di un incidente che li ha visti coinvolti a bordo della loro autovettura dichiari di essere stata lei stessa la conducente, e non invece il marito, essendo quest’ultimo alla guida in stato d’ebrezza; ciò al fine di evitare che venga istaurato un procedimento penale a carico di Tizio per guida in stato d’ebrezza, cui sarebbe conseguita chiaramente una privazione della libertà.

Di grande impatto sull’istituto in parola è stata la sentenza pronunciata dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione nel 2021 (Cass. Pen., SS.UU., 16/03/2021, n. 10381), che ha cristallizzato due punti fondamentali in linea con quella che era comunque una Giurisprudenza già consolidata:

  • l’art. 384 c.p. è stato collocato fra le cause di esclusione della colpevolezza, ritenendo che, in ossequio al valore innegabile della famiglia, sia inesigibile dall’individuo un comportamento che esponga un suo congiunto alla possibilità di essere sottoposto a procedimento penale e ad eventuali misure restrittive della libertà personale;
  • è stata ammessa con fermezza la possibilità e la necessità di applicare analogicamente l’articolo 384 c.p. anche al convivente more uxorio, in osservanza della forte incidenza di casi di questo tipo richiedenti tutela e della naturale propensione dell’uomo a proteggere sé stesso ed i propri congiunti.

Da ultimo, la Cassazione si è pronunciata, altresì, sulla possibilità o meno di invocare la scusante prevista dall’art. 384 c.p. nel caso in cui il testimone dichiari il falso per paura di ritorsioni nei propri riguardi, stabilendo quanto segue: il timore di subire conseguenze pregiudizievoli per la propria vita o incolumità, a seguito della propria testimonianza, non rientra nella previsione dell’esimente di cui all’ art.384 c.p. che, invece, si applica solo ove il teste possa subire un inevitabile nocumento nella libertà e nell’onore; tale evenienza, al più, potrà rilevare ai fini del riconoscimento della scriminante dello stato di necessità di cui art. 54 c.p., qualora sussista una situazione di pericolo concreto ed attuale, non essendo sufficiente che il teste si senta minacciato (Cass. Pen., Sez. VI, 08/01/2021, n. 7006).

Pene previste per il reato di falsa testimonianza

Il reato di falsa testimonianza è punito con la reclusione da 2 a 6 anni.

A dispetto di una pena oggettivamente ragguardevole, in ogni caso, esistono istituti giuridici di favore per il reo tali da consentire di non andare in carcere, specie se si tratta di soggetto incensurato: si pensi, ad esempio, alla sospensione condizionale della pena o all’affidamento in prova ai servizi sociali, posto che, salvo ipotesi di particolare gravità, nella maggior parte dei casi vengono concesse le circostanze attenuanti generiche con sconto di 1/3 sulla pena applicata in concreto, cui può eventualmente aggiungersi un ulteriore sconto nel caso in cui si ricorra a riti alternativi quali l’abbreviato o il patteggiamento.

Indicazioni sulla procedura

Venendo agli aspetti puramente procedurali, si tratta di un reato procedibile d’ufficio -non si richiedono condizioni di procedibilità, quali ad esempio la querela- e la competenza spetta al Tribunale in composizione monocratica.

L’arresto e il fermo di indiziato non sono consentiti.

Le misure cautelari personali sono consentite, così come consentite sono le intercettazioni di conversazioni o comunicazioni quali mezzo di ricerca della prova.

Art. 372 c.p.

Chiunque deponendo come testimone dinanzi all’Autorità giudiziaria o alla Corte penale internazionale, afferma il falso o nega il vero, ovvero tace, in tutto o in parte, ciò che sa intorno ai fatti sui quali è interrogato, è punito con la reclusione da due a sei anni.

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